Il 12 febbraio del 2058 Pitambar Mukesh, primo ministro Indiano, si stava recando come di consueto al palazzo del Governo a Nuova Delhi. Camminando, pensava al percorso fatto per la nascita della Federazione Mondiale e proiettava la sua mente alle insidie e agli ostacoli da aggirare nell’immediato futuro. Era un sogno che si stava realizzando, forse le generazioni future lo avrebbero ricordato come il padre della Federazione. Un accenno di sorriso soddisfatto si disegnava sul suo viso. I suoni della città, caotica come sempre, il peso della sua valigetta sulla mano destra e l’aria tiepida con i soliti odori delle strade li percepiva in modo più distinto e cosciente del solito. Gli sembrava già di essere al tempo della Festa dei Colori.

All’improvviso un oggetto velocissimo uscì da un furgone che si muoveva lento su Rajpath boulevard, l’oggetto con un sibilo sfrecciò tagliando la strada a mezz’aria e puntò il primo ministro. Una raffica di colpi lo prese in pieno su tutto il corpo scagliandolo a terra. Non ebbe il tempo di rendersi conto di nulla, nemmeno il tempo di vedere la gente che si fermava atterrita o urlava.

Il furgone esplose subito dopo cancellando qualsiasi traccia informatica degli esecutori dell’attentato.

Gli attentatori pensarono che quel corpo crivellato di colpi, inerte a terra, fosse divenuto finalmente il sudario della nascente Federazione Mondiale. Sugli schermi vedevano le ultime immagini inviate dal drone assassino, prima che le forze di sicurezza che erano accorse dal palazzo della segreteria, lo abbattessero. Kismet in particolare aveva un’aria solenne ma non formale nel suo kurta verde. Lo sguardo soddisfatto e intenso, la sua nera barba corta e curata, gli occhi scuri ancora puntati verso quelle immagini. L’operazione Bābal kā mīnār era iniziata con il primo successo: Pitambar non era più un problema.

Kismet uscì dal centro di controllo e dopo aver percorso un lungo corridoio arrivò agli ascensori. In pochi minuti fu fuori dalla World One Tower di Mumbai.

 

Qualche giorno dopo tutto il mondo veniva inondato dalle immagini e dai video di Pitambar. In particolare il suo ultimo discorso tenuto di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite veniva riproposto quasi a ciclo continuo su tutti i social media, e i canali d’informazione:

 

Eccellenze, Segretario Generale, distinti delegati, sorelle e fratelli di tutte le nazioni, oggi sono davanti a voi a nome dell’India, una terra antica di lingue, fedi, popoli e tradizioni diverse.

In un antico testo sanscrito, è detto <<Il mondo è una sola famiglia>>. Possiamo oggi ripensare il mondo tenendo ben presente quelle antiche parole di saggezza.

Possiamo passare dalle fazioni alla logica della famiglia: in una famiglia esistono responsabilità diverse, ma un solo destino.

La tradizione indiana ci ricorda il <<dharma>>, il dovere che lega ogni individuo all’ordine del mondo: la custodia della dignità di ogni essere umano, della stabilità degli ecosistemi, della pace come bene irreversibile, sono oggi il nostro dovere.

Ci dobbiamo chiedere se l’azione di questa assemblea è degna di un mondo che si riconosce come una sola famiglia.

L’India vuole condividere con il mondo i suoi principi guida: la non violenza, che non significa debolezza, ma forza morale. Il bene di tutti, perché una società è giusta quando nessuno è escluso dal benessere. L’equilibrio, tra uomo e natura, tra libertà e responsabilità, tra crescita materiale e ricerca interiore.

Proponiamo di iniziare un cammino di unità, guidato dal principio che ogni azione intrapresa debba considerare gli effetti su chi non è ancora nato.

Vorrei infine ricordare che la saggezza indiana ci ricorda che unità non significa uniformità: nel nostro Paese convivono centinaia di lingue, decine di religioni e tradizioni diverse. Ciò che ci tiene insieme non è l’assenza di differenze, ma il riconoscimento di una dignità comune.

L’India non viene qui a chiedere privilegi. Viene a proporre una nuova idea di leadership: non la leadership di chi domina, ma di chi serve. Questo concetto s’incontra anche nei principi fondamentali delle culture occidentali e potrebbe essere una base comune sulla base del quale cominciare questo cammino.

Ricordo infine che come in una famiglia, il più forte non è colui che grida più forte, ma chi si assume la responsabilità degli altri, così dovrebbe essere tra le nazioni: chi ha di più – conoscenza, ricchezza, potere – dovrebbe assumersi un maggiore dovere di cura.

Onorevoli delegati, la nostra generazione è posta di fronte a una domanda che nessuna generazione prima di noi ha dovuto affrontare con tanta urgenza: <<Vogliamo essere l’ultimo capitolo di un mondo diviso o il primo capitolo di una civiltà planetaria?>>

Vi ringrazio.”

 

Quello che doveva essere il sudario del nuovo cammino di unione planetaria divenne il telo che si apriva su un nuovo mondo e anziché frenarle accelerò quelle tendenze all’unità che tutto il mondo stava esprimendo. Pitambar, da morto, stava realizzando il suo sogno di essere il padre della Federazione Planetaria.

I tentativi che Kismet e i suoi soci fecero per capire chi guidasse quell’ondata planetaria di sentimenti e idee rivolti verso la nascita del Governo Federale, andarono tutti falliti. Se un disegno c’era, era talmente ben gestito e preparato, da renderlo invisibile anche a gruppi di potere ben ramificati come il loro. Nel tentativo di individuare i nemici, quelli che sostenevano e alimentavano le spinte all’unità di tutte le nazioni, però Kismet aveva potuto entrare in contatto con gruppi analoghi al suo, con esigenze e punti di vista assolutamente coerenti con i loro. Si trattava soprattutto delle più importanti e antiche dinastie di Giappone, Inghilterra, Francia e Germania.

Un’idea prese allora piede nella sua mente: si dice che se il vicino è il tuo nemico naturale, il vicino del tuo vicino è il tuo amico. Perché non creare un gruppo internazionale in grado di governare la Federazione dall’interno? Se non si poteva contrastare efficacemente la montante campagna Federalista, si poteva però provare a premere sulla conservazione delle tradizioni e delle culture locali, magari per ottenere deroghe speciali e qualche autonomia.

Kismet Kautilya era un uomo duro, intelligente, colto, frutto della parte migliore di un’élite antica. Aveva coscienza da sempre del suo ruolo di preminenza tra i suoi concittadini. Amava il rispetto con cui veniva trattato ovunque e lo sguardo di ammirazione delle persone con cui si trovava a interloquire. Le moderne tendenze a cercare di fondere tutte le comunità umane lo avevano colpito da subito come un tentativo di distruggere ciò che era solido e ben architettato. La sua amata India, non poteva diventare come molti paesi che aveva avuto modo di vedere e disprezzare, ostaggio di persone ottuse e ignoranti, in balia di qualunque burattinaio in grado di toccare i punti giusti e utilizzare i giusti canali. Il suo umore era peggiorato e la sua disperazione era cresciuta fino a portarlo a individuare e odiare, con una forza che lui stesso non sospettava di avere, il maggior fautore di quelle nuove tendenze, Pitambar Mukesh.

Erano entrambi membri di una cerchia molto ristretta di gentiluomini, la crema dell’alta società indiana, ma avevano preso strade molto diverse.

Kismet non aveva cercato inizialmente un ruolo attivo nella politica, al contrario di Pitambar. La sua esperienza nelle migliori università occidentali lo aveva convinto che vivere in India fosse l’unico modo di vivere degnamente per un indiano. Pitambar aveva sviluppato invece una grande passione per le culture estere e aveva cominciato a sognare un mondo fatto di mille mondi interconnessi.

Kismet non era un uomo che poteva arrendersi. Non si era rassegnato a perdere nemmeno dopo che il suo rivale, anche da defunto, aveva dato la spinta definitiva per l’integrazione dei popoli.

Era stato necessario un periodo di riflessione profonda. Si era macchiato di un crimine terribile, aveva lasciato la via dell’equilibrio e della moderazione e non aveva nemmeno ottenuto il suo scopo.

Numerose notti insonni alla fine lo avevano condotto a una possibile strategia per ribaltare a suo favore l’onda che non era riuscito a fermare.

Nell’agosto del 2060 furono gettate le basi del Governo Federale Planetario con la conferenza di Parigi. Anche a Parigi l’intervento più ascoltato e più diffuso tramite tutti i media del pianeta era stato quello di un indiano, il ministro degli Esteri, Kismet Kautilya.

 

Signor Presidente, Eccellenze, Distinti Delegati, Signore e Signori, namaskar.

È per me un onore prendere la parola davanti a questa illustre Assemblea a nome del Governo e del popolo dell’India.

Vorrei riportare a tutti la memoria del mio illustre connazionale, Pitambar Mukesh, morto forse proprio per il sogno di un’umanità unita, che più di tutti aveva contribuito a costruire.

Voglio però segnalare anche un monito che in un noto discorso egli fece. Ci ricordò che ciò che ci tiene insieme non è l’assenza di differenze, ma il riconoscimento di una dignità comune.

Perché quel sogno si avveri è necessario evitare la tentazione di appiattire le differenze tra le culture, tra le tradizioni. La via deve essere quella dell’armonizzazione delle differenze, dell’equilibrio.

Ogni antica cultura dovrebbe assumersi la responsabilità di diffondere il suo patrimonio a beneficio della comunità umana e sentire come proprio dovere quello di guidarla assecondando il suo dharma.

L’India è pronta a fare la sua parte, ma so che la stessa positiva volontà è nei cuori degli amici del Giappone, della Francia, della Germania e dell’Inghilterra, per citarne solo alcuni.

Su questa solida base forse possiamo sperare che il sogno di Pitambar e di molti uomini di questa terra, sia vicino alla sua realizzazione.

Vi ringrazio e vi saluto.”

 

Il successo della conferenza di Parigi spinse ancora di più la già grande tensione verso l’unità delle nazioni della terra e già dal gennaio 2064 l’umanità divenne compiutamente un corpo unico, con un Governo Federale, nell’ambito di una Federazione dei continenti. Mumbai era stata scelta come sede del Governo Federale. Il sogno di Pitambar s’era avverato.

Una sua proiezione olografica accoglieva chiunque entrasse nel palazzo del Governo Federale a New Nariman Point. Quando Kismet attraversava quell’ingresso, piuttosto frequentemente, provava sempre un senso di frustrazione. Ma alla fine, comunque, aveva avuto la sua soddisfazione. Era tra i pochi cittadini privati che il Governo Federale riceveva e spesso poté costringere il Governo a piegarsi alle istanze che rappresentava. Questo in virtù di quella rete di interessi dinastici e di potere che aveva contribuito a costruire e rafforzare.

Negli anni subito successivi, le pressioni orchestrate da Kismet e dai suoi nuovi alleati internazionali tramite campagne mediatiche basate sulla perdita delle radici delle proprie antiche culture, avevano causato i primi seri problemi al Governo Federale.

Una serie di manifestazioni imponenti in quasi tutti i paesi del mondo mostrava per la prima volta dopo tanto tempo una volontà di frenare rispetto all’integrazione planetaria.

Alcune manifestazioni portarono a incidenti grandi e a repressioni cruente. Il mondo sembrò voler tornare al passato di guerre e conflitti.

Alla fine però le abili manovre di numerosi leader riuscirono a far sì che un compromesso fosse raggiunto: fu definito un periodo transitorio di 10 anni a partire dal 1 novembre del 2070, in cui alcune nazioni avrebbero goduto di una maggiore autonomia locale rispetto al Governo Federale. Questo periodo di transizione avrebbe dovuto portare naturalmente alla conciliazione delle identità locali con una forma di coscienza civile e politica planetaria. La pace tornò a dominare sul pianeta intero.

La convergenza dei reali interessi delle potentissime dinastie che Kismet aveva tenuto insieme con un’instancabile opera di mediazione, circa nove anni dopo, nel marzo del 2079, portò alla nascita della Casta. Era un’associazione internazionale composta da quattro gruppi dinastici: indiani, giapponesi, inglesi, franco-tedeschi.

Alla sua nascita questa associazione era già dunque una realtà strutturata e ben ramificata negli organi di potere delle nazioni direttamente interessate e anche negli organismi internazionali che erano confluiti nel Governo Federale. L’organo plenipotenziario dell’associazione era il senato, composto da quattro membri, uno per gruppo dinastico rappresentato.

La loro rete di fedelissimi e di personale di servizio era talmente ramificata nelle strutture del potere della Federazione, che in alcuni momenti essa poté condizionare il Governo Federale, dalla sua composizione alla sua azione politica ed economica.

La tensione tra la Casta e la Federazione raggiunse però dei momenti di conflitto molto accesi e rischiò di nuovo di portare a una sorta di guerra civile su scala mondiale. Uno dei punti di scontro fu la legislazione sulle nuove generazioni di androidi antropomorfi, dotati del sistema IA più evoluto di sempre, che comprendeva sottosistemi per la coscienza, l’empatia, la personalità. La Casta voleva imporre una legislazione molto restrittiva, che avrebbe previsto un controllo remoto per tutte le unità robotiche intelligenti, in grado di monitorare puntualmente le loro attività e di imporre i propri comandi sulle decisioni di quei cervelli elettronici. L’incidente avvenuto cinquant’anni prima con il prototipo Alpha Shadow 1 era il caso d’esempio per ricordare al mondo la pericolosità di quei sistemi autonomi. Il Governo Federale aveva invece maturato una linea più morbida e cercava di definire un iter di integrazione di queste nuove intelligenze nell’ecosistema umano.

Kismet era furioso con il Governo Federale per aver declinato la sua proposta sul controllo dei nuovi androidi. Non capivano che stavano liberando nel mondo una forza che non sarebbe più stata governabile. Di nuovo aveva la sensazione che la terra gli franasse sotto i piedi e che il mondo che faticosamente stava cercando di consolidare, stesse per cadere in rovina.

Questa volta non avrebbe appesantito la sua coscienza con delitti che ancora più di allora sarebbero probabilmente risultati alla fine controproducenti. Serviva un evento che avrebbe potuto mostrare al mondo intero il rischio che stavano correndo.

La mattina del 12 dicembre del 2085, Kismet si recò all’incontro con il Governo Federale, insieme a Kito Kirishima, membro del gruppo dinastico giapponese.

La sala dell’incontro era quella che il Governo sceglieva per incutere un senso di riverenza e timore negli invitati. Il soffitto era molto alto e tutti i membri del Governo Federale erano seduti su poltrone a levitazione poste mezzo metro più in alto di quelle riservate ai visitatori. Le luci colpivano le poltrone degli invitati in modo da far vagamente percepire un’attenzione puntata su di loro.

Kismet chiese la parola e ottenne il permesso di parlare.

Eccellenze, membri del Governo Federale, namaskar.

Oggi sono qui per cercare di chiudere la sorgente dell’attrito che ultimamente ha caratterizzato i rapporti che ci legano.

Voglio comunque come sempre, ribadire che parlo a nome dei gruppi dinastici di India, Giappone, Inghilterra, Francia e Germania.

Per non parlare astrattamente di idee, pensieri o tesi che nel mondo delle parole tendono sempre tutti a sembrare equivalenti, mi permetto oggi di chiedere se gli illustri membri del Governo abbiano mai avuto modo di interagire con un androide di nuova generazione.

Colgo i cenni di assenso di molti di voi e quindi immagino sappiate che possono dissimulare la loro natura e passare controlli complessi anche come quelli da voi predisposti per l’accesso a questa struttura governativa …

Vedo il dubbio sul volto di alcuni di voi…

Il ministro della sicurezza Clavis vuole intervenire su questo? Prego le cedo la parola prima di completare il mio intervento, perché ritengo non si debba avere dubbi su questo tema prima di proseguire il discorso.”

 

Prese la parola allora Claude Clavis, ministro della Sicurezza, unico del Governo a non aver mostrato alcun tipo di reazione alle parole iniziali di Kismet.

 

Signor Kautilya,

lei pensa che in questa struttura possa entrare un androide di nuova generazione senza problemi, e per questo suppone che il suo collega Kito Kirishima, sia passato inosservato …”

 

Lo stupore si disegnò sul volto di tutti i presenti e un brivido freddo percorse la schiena di Kismet. Come avevano fatto? Perché allora nessun allarme era scattato all’ingresso?

Si sta chiedendo, perché non sono scattati gli allarmi all’ingresso, immagino.

Il suo androide è stato classificato dai nostri sistemi di sicurezza come rischio quasi nullo, ed era nostra intenzione chiederle conto della sua presenza, ma il suo discorso non ci ha dato modo di seguire questa linea.

Tengo comunque a precisare che benché il suo stratagemma non abbia sortito l’effetto che lei desiderava, ha comunque la mia piena attenzione come ministro del Governo Federale per le sue preoccupazioni. Credo che abbia mostrato efficacemente l’intensità delle vostre convinzioni con questo tentativo decisamente fuori da tutti i protocolli stabiliti.”

 

Kismet accolse il segno di pace mostrato dal ministro e dopo un lento e profondo sospiro, decise che avrebbe tentato una mediazione basata sull’apertura appena ricevuta.

Il punto di equilibrio tra i poteri fu alla fine raggiunto con un decreto federale, datato aprile 2090, che stabiliva un ruolo specifico per la Casta e per le associazioni analoghe, nate nello stesso periodo ma con diverse caratteristiche: i Seguaci di Dio, fondata nel dicembre del 2074 e gli Eguali, gruppo istituito nel maggio del 2082. Il decreto aveva reso queste associazioni dei soggetti che avevano il potere di interloquire direttamente con il Governo Federale e in alcuni specifici settori avevano persino il potere di veto, se sostenuto da tutte all’unanimità.

Kismet non aveva raggiunto il suo obiettivo, ma almeno aveva ottenuto una posizione privilegiata per quelli che sarebbero stati i suoi successori. La morte di Pitambar era da sempre un ricordo che gli rendeva il cuore pesante e pensò che con quell’ombra nera della sua colpa non avrebbe comunque avuto diritto al trionfo che aveva sempre sognato. Si rassegnò infine a sperare che persone migliori di lui avrebbero continuato la sua opera senza macchie, e avrebbero magari ottenuto un assetto più umano di questa nuova civiltà planetaria che rischiava di perdere tutti i suoi tratti originali.

Non avrebbe mai immaginato comunque che quel giorno di alcuni anni prima, il ministro Clavis aveva intuito per esclusione cosa stesse per accadere ... In un lampo aveva formulato e attuato una strategia di emergenza. La sicurezza non aveva affatto rilevato che il signor Kito Kirishima fosse un androide. Tanto meno era stato in grado di valutarne la pericolosità … Clavis aveva tentato un azzardo ed era stato fortunato, o, come pensava lui, aveva camminato nel sentiero stretto dell’ultima possibilità prima del disastro per quelli che rappresentava.