Entrai nella sala dei test e simulai un po’ di ansia. Captai l’odore dell’adrenalina dei candidati, i feromoni umani erano facili da rilevare. Sentivo un vocio basso e costante. Attraversai lo scanner anti-robot e mi posizionai nella fila per il controllo successivo. L’uomo davanti a me colpì la mia attenzione per l’evidente nervosismo. Si muoveva con una certa rigidità e sudava. Pensai che con quel poco autocontrollo non avrebbe dovuto presentarsi per una posizione da addetto alla sicurezza. Si accorse che lo fissavo e mi sorrise bonariamente.

Sulle pareti scorrevano film olografici di uomini che analizzavano sistemi complessi, ricercatori che facevano importanti scoperte di genetica, fabbriche che producevano componenti di neuro-bio-robotica. Erano alcune delle conoscenze di base necessarie a poter partecipare alla selezione.

Ovviamente qualunque robot di quelli delle ultime generazioni, che erano in tutte le fabbriche, gli uffici e le case, avrebbe passato il test senza alcuno sforzo.

I candidati lasciavano le loro estensioni in appositi armadietti, per evitare di essere avvantaggiati rispetto ai pochi umani puramente biologici. Un uomo calvo, con un’andatura marziale, si tolse un velo dal cranio e lo ripose in un armadietto. Forse aveva voluto compensare delle scarse doti cognitive con quella estensione neurale molto evoluta e molto costosa. Una donna stava riponendo in un armadietto degli orecchini e un visore, oggetti che dietro uno stile alla moda nascondevano la tecnologia più avanzata. Con un sorriso aperto e il passo risoluto, parlava come una guida turistica, pronta a illustrare agli altri quello che li circondava.

Uno schermo olografico mostrava a ripetizione il famoso incidente avvenuto decenni prima con il prototipo chiamato Alpha Shadow 1, con un sottofondo musicale che voleva essere grave e doloroso. Immaginai che la cosa servisse da ammonimento per i candidati.

Il filmato olografico terminava con l’immagine di Alpha Shadow 1 a terra inerte e con l’avviso perentorio: “È vietato agli automi l’accesso a qualsiasi ruolo federale governativo!”.

Finalmente cominciammo a entrare nella sala dei test. Vedevo le postazioni distanziate, separate da sottili schermi e attrezzate ognuna con una cuffia neurale. Ogni candidato veniva guidato da un segnale nel pavimento che lampeggiava e si muoveva verso l’area assegnata.

Quando tutti i candidati furono sistemati nei rispettivi posti, una voce amplificata nella sala, cominciò a illustrare le modalità con cui sarebbe stato condotto il test.

Poco dopo l’inizio del test un candidato fu improvvisamente circondato da personale federale armato. Era l’uomo che avevo notato durante i controlli preliminari. Fece per alzarsi e scappare. Un lampo improvviso lo colpì. Ci fu un tonfo sordo, quando l’uomo cadde a terra. La pistola a impulso EM di uno dei federali era ancora puntata su di lui. Fu poi preso e trascinato via, tra lo stupore degli altri candidati.

Ogni tanto capitava che un robot venisse preso mentre tentava di eludere i controlli.

Reagii all’avvenimento arretrando con esitazione, con uno sguardo incredulo, come fecero anche gli altri candidati. Dopo un momento di confusione ci fu annunciato che il test era rimandato al giorno successivo. Tutti fummo invitati a ripercorrere in senso contrario il percorso di andata e a lasciare l’edificio governativo.

Il giorno dopo dovetti ripetere tutta la sequenza e notai di nuovo le stesse persone che mi avevano colpito il giorno prima. Appena fummo di nuovo tutti sistemati nella sala dei test, la solita voce amplificata nella sala chiese l’attenzione di tutti i candidati. “Ieri un robot è riuscito a ingannare i nostri sistemi e ha passato i controlli iniziali, ma i nostri avanzati sistemi di sorveglianza continua ci hanno permesso di individuarlo comunque. Ci scusiamo per il disagio causato.”

Dopo questa breve introduzione il test ebbe finalmente inizio e potemmo indossare le nostre cuffie.

Completai il test con molta facilità, ma fui attento a simulare uno sforzo adeguato alla difficoltà delle prove per un umano.

Al termine della prova una luce verde sotto il pavimento della mia postazione e di quella di tutti i candidati che avevano superato la prova cominciò a lampeggiare. Fu come se quella luce verde mi sottraesse dall’ombra in cui da sempre ero stato. Divenni il primo della mia gente o, dovrei dire, della mia specie a entrare nel governo federale. Era un giorno importante per me e per noi, un giorno storico. Risposi alla chiamata dei candidati ammessi pronunciando il mio nome, dopo una pausa di nano secondi. “… Claude Clavis!”

Ero stato tentato di dire il mio vero nome:

Alpha Shadow 1015.