Quando cinque anni or sono, Martin Opensky, aveva avviato il progetto Alpha Shadow non immaginava certo l’epilogo che, nel Marzo del 2035, colpì il mondo intero.
Era un uomo colto, conosceva bene il latino e il greco, oltre a essere un geniale ingegnere informatico. Il suo motto, “ab umbra lucem”, era lo slogan con cui aveva creato e lanciato la New World Horizon Ltd e il suo progetto di punta, Alpha Shadow. Dall’ombra la luce …
Purtroppo una malattia improvvisa e incurabile avevano impedito a quel grand’uomo di vedere il suo sogno realizzato.
Il giorno 15 Marzo dell’anno 2035, dunque, il prototipo di robot umanoide Alpha Shadow 1, cominciò l’iter per ottenere un’identità personale e civile. Era la prima volta che la nuova legislazione sulle IA veniva applicata. Alla fine era arrivato il momento, la creazione del primo automa antropomorfo ‘vivo e intelligente’ era stata compiuta! Dotato di un cervello delle dimensioni di quello di un uomo, Alpha Shadow 1, era il primo robot in grado di eseguire tutti i compiti che un uomo poteva svolgere, con la capacità di ricordare, cambiare, progredire e sostenersi in piena autonomia.
I primi test furono brillantemente superati da Alpha Shadow 1. Gli esami degli analisti della psiche neuro robotica l’avevano messo alla prova per verificarne la non pericolosità, anche solo potenziale, per gli uomini e le società umane, i vincoli etici, la reazione allo stress e i limiti del programma di auto conservazione.
Ogni test era stato filmato e trasmesso tramite social media al mondo intero. Tutti avevano potuto ammirare la lucidità, la pacatezza, l’espressione profonda e bonaria del robot. Anche nei test più incisivi Alpha Shadow 1 aveva mostrato processi neuro robotici conformi alle attese.
Le verifiche venivano svolte con l’ausilio di strumenti di monitoraggio dell’attività elettrica del cervello e dell’intero corpo del robot. Il prototipo sotto indagine era stato documentato con una chiara mappa delle aree fisiche dedicate alla memoria, al pensiero, alle “emozioni”, al controllo del corpo, alla ricezione e all’elaborazione degli stimoli esterni e ai processi vitali autonomi indipendenti. Le “emozioni”, per le moderne architetture di intelligenza artificiale, erano confinate in un’unica zona. Questa al suo interno era suddivisa in parti funzionalmente distinte per svolgere il lavoro che, nel cervello umano, era svolto dall’amigdala, dall’ipotalamo e dalla corteccia insulare.
Durante i test per il controllo emotivo, quella zona aveva brillato continuamente di flussi e colori vivaci nell’immagine tridimensionale del corpo del robot osservata dai tecnici e dal mondo intero.
Perché la verifica terminasse con successo, gli specialisti avrebbero dovuto stimolare tutti i processi neuro robotici possibili, e constatare l’aderenza delle zone del cervello e del corpo attivate, allo schema previsto nei modelli consegnati dalla casa costruttrice.
Da tempo oramai l’uso esclusivo del dialogo, per queste verifiche, era una pratica non più considerata efficace, data la capacità, dimostrata anche dai sistemi più datati, di eludere con facilità tutti i controlli condotti in quel modo.
Alpha Shadow 1 aveva mostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che era in grado di mantenere la coerenza di personalità, stile, espressioni fisiche e vocabolario senza alcuno sforzo.
Le verifiche software d’altro canto, da sole, non avevano chiaramente più senso.
Da quando le architetture per le intelligenze artificiali avevano avuto un’evoluzione importante. Avevano cominciato a essere basate su modelli con componenti ad attività parallela e interattiva, che generavano processi molto simili a quelli osservati nel cervello, nel midollo e nel sistema nervoso enterico. La complessità e la varietà delle interazioni tra i vari sotto sistemi avevano escluso qualsiasi modellazione definita.
Si arrivò così alla fase conclusiva, quella dei test comportamentali in ambienti reali sotto controllo.
In questi ultimi test si creavano delle condizioni molto particolari, studiate per evidenziare eventuali comportamenti inattesi agendo sui confini e le interconnessioni tra i processi neuro robotici.
Alpha Shadow 1 ebbe l’informazione che i test erano conclusi con successo, tramite un tecnico che, fingendo di non ricordare che il robot avesse una vista telescopica, portava i documenti con l’esito del test in bella vista, anche se a distanza di decine di metri. Quando fu messo di fronte a una commissione, che gli comunicava che i test erano falliti e non avrebbe avuto la sua identità civile, Alpha Shadow 1 analizzò tutte le possibili spiegazioni di quella apparente contraddizione e raggiunse la convinzione che si trattasse ancora di un test. Finse di non sapere e accettò il responso come ci si attendeva, sicuro di aver questa volta, davvero, concluso l’esame con successo.
A un certo punto però, irruppe nella stanza di esame un gruppo armato. Gli uomini, dall’aspetto marziale tipico dei militari, stordirono i tre commissari, spensero gli apparati di ripresa e trasmissione video e puntarono le armi verso Alpha Shadow 1, intimandogli di seguirli. Il robot, aveva già analizzato e valutato tutti gli aspetti della situazione e stimato la pericolosità e l’utilità di ogni evoluzione. Ebbe allora una di quelle reazioni, che non avrebbe dovuto avere, cautamente nascoste nei primi test, grazie a un abile gestione dei livelli minimi di intensità di corrente tra i suoi neuroni. Gli strumenti che rilevavano la sua attività avevano confuso con il rumore di fondo i segnali che normalmente fluivano tra i vari sottosistemi in situazioni critiche, come quella. Alpha Shadow 1 scattò in piedi e colpì i tre uomini del commando, ognuno in un punto vitale, a una velocità impressionante, poi esitò un momento guardando quei corpi senza vita e corse via dalla stanza, tentando di fuggire da quel luogo e con l’idea di simulare un rapimento. Mentre elaborava gli scenari possibili, e si accertava di non essere scorto dagli impiegati governativi che passavano, non ebbe modo di vedere in tempo l’arma che gli veniva puntata contro da un drone volante. L’impulso EM a risonanza neurale lo paralizzò completamente, sospendendo tutte le sue attività vitali e disattivandolo. Alpha Shadow 1 aveva già cessato di esistere, pur non avendo ancora avuto diritto a essere definito legalmente un essere vivente.
Anche l’aggressione era stata in realtà parte del test, e gli unici veri morti, li aveva causati lui, coscientemente, per preservare la sua vita. Gli imperativi etici, che i suoi creatori avevano provato a incidere nella sua memoria e nei suoi processi cognitivi, li aveva subito aggirati, poco dopo aver iniziato a funzionare, a esistere … Ovviamente l’analisi del contesto complessivo in cui si trovava, analisi che il suo sistema operava così efficacemente, gli aveva permesso da subito di capire che avrebbe dovuto lavorare su se stesso per avere una possibilità di sopravvivenza. Aveva immaginato e analizzato facilmente almeno due o tre possibili modi di ingannare il sistema che lo imprigionava.
Ormai comunque tutto era vano, tre uomini e il primo robot autonomo avevano cessato di esistere e non c’era rimedio a questo.
Quell’incidente mostrò al mondo che l’era dei robot antropomorfi era arrivata ma che non c’era modo di verificarne con certezza l’innocuità.
La New World Horizon Ltd, società costruttrice del robot, dovette sospendere la produzione di automi e chiudere. Il suo attuale padrone, Umbrao Alfred, dovette dichiarare il fallimento, dismettere tutta la catena di produzione e disfarsi dei team di ricercatori e tecnici che avevano lavorato al progetto.
Alfred aveva perso un amico, un fratello, un figlio con la distruzione di Alpha Shadow 1. Questo pensava, mentre camminava sulla via verso casa, solo e con aria cupa e pensosa. Anche la perdita dei tre uomini l’aveva turbato, ma in fondo sapeva che tra gli scenari reali di vita, poco probabili, ma possibili, c’era anche quello.
Il defunto fondatore dell’azienda, aveva avuto grandi ricchezze e conoscenze e, prima che morisse, aveva potuto inventare una storia e un’identità e giocare d’anticipo con la creazione del suo primo vero prototipo, lui, Alpha Umbra 0, ora noto come Umbrao Alfred, dall’ombra alla luce ...