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Classi sociali nell’epoca delle IA

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Scritto da Massimo
Categoria: Riflessioni
Pubblicato: 20 Maggio 2025
Visite: 4

Mi sono spesso chiesto come il filosofo Karl Marx riproporrebbe la sua analisi della società e la sua definizione delle classi sociali in una situazione in cui il rapporto con i mezzi di produzione non fosse più un elemento centrale della società e il lavoro non fosse più un elemento necessario per il sostentamento dei cittadini. In una società dove la produzione dei beni necessari all’esistenza fosse gestita da macchinari autonomi e intelligenze artificiali, ogni cittadino potrebbe ipoteticamente disporre del proprio tempo, cosa che oggi, per le classi sociali medio basse, è impossibile, a meno di non scegliere o a meno di non trovarsi a vivere di elemosina e senza un tetto.

La ricchezza, il potere, il controllo delle risorse di una comunità è da sempre nelle mani delle classi sociali più alte, che peraltro sono sempre le meno numerose. I passaggi di classe verso l’alto sono sfavoriti, e in alcuni casi, impossibili. L’appartenenza a una classe sociale è determinabile non solo dal grado di privilegio e di ricchezza e dalla relazione con i mezzi di produzione (chi li possiede, chi ne costituisce la necessaria forza lavoro, chi è del tutto estraneo e al margine), ma anche dalla vita di tutti i giorni, fatta di frequentazioni di certi luoghi e di certi ambienti, di educazione scolastica ed extra scolastica, di schemi mentali e di approccio alla vita e al prossimo.

Dicevo prima che uno degli elementi di maggiore distinzione tra le classi più elevate e le classi intermedie è a mio parere la possibilità di gestire il proprio tempo da parte degli appartenenti alle prime. Diceva la nonna di un mio caro amico: “Tre sono i potenti: i re, i ricchi e i nulla tenenti”. Quello che hanno in comune a pensarci bene è proprio la possibilità di disporre del proprio tempo.

Le classi intermedie sono composte di persone che vivono del proprio lavoro, che gli garantisce l’accesso ai mezzi di sussistenza e un grado di benessere legato alla propria capacità di gestire le risorse a disposizione: che sia la capacità disonesta di sfruttare situazioni o persone, o la capacità di lavorare tanto e con frutto, o la capacità di tessere relazioni importanti, o anche la fortuna, è per questo discorso poco rilevante.

Che cosa accadrebbe se la produzione dei beni essenziali fosse da un certo momento in poi della storia umana garantita dalle moderne tecnologie in quasi completa autonomia, e non fosse più necessario o comunque non rilevante la presenza umana nel ciclo produttivo? Il fatto di non partecipare al ciclo produttivo porrebbe il problema di come ottenere il necessario per vivere, ma anche il problema dell’assenza di consumatori in grado di pagare le merci prodotte.

Certamente nel periodo di transizione alcuni escamotage potrebbero funzionare: ingrandimento delle burocrazie statali e appesantimento dei processi in tutti i servizi, con conseguente impiego di persone in lavori completamente inutili. In questo senso è molto interessante da leggere un libro consigliatomi da un altro caro amico: “Bullshit Jobs” di David Graeber. Si tratterebbe comunque di misure non sostenibili proprio per quanto ben descritto nel libro: un lavoro inutile è un fattore destabilizzante per le persone e per la comunità.

Il controllo demografico è un’altra strategia che è cominciata a essere teorizzata e applicata con la comparsa della rivoluzione industriale, ma in questo caso il rischio è di avviare un declino non reversibile, come quello visibile in occidente, a svantaggio di tutti, almeno nel lungo periodo. Certamente la comparsa di automi dotati di intelligenza artificiale e di capacità di movimento analoghe a quelle degli esseri umani, o superiori, potrebbe far credere che sia possibile un mondo fatto di piccole élite ed eserciti di robot, ma di nuovo ribadisco che è difficile non pensare che le piccole élite sarebbero destinate all’estinzione: la loro dimensione morale sarebbe quella di predatori egoisti e individualisti, la loro apertura al mondo e alla vita sarebbe solo lungo il sentiero del godimento materiale di beni e risorse, e plausibilmente una mini comunità così attrezzata avrebbe vita breve.

D’altro canto l’adozione di misure di distribuzione delle ricchezze e degli accessi alle risorse a tutti i cittadini in modo indiscriminato, significherebbe che le classi sociali medio alte avrebbero scelto di rinunciare ai propri esclusivi privilegi per confluire in una comunità non più divisa e divisibile in classi. Si tratterebbe di un salto di qualità impensabile oggi, in un mondo in cui convivono la povertà e la miseria più assoluta e la ricchezza più straordinaria di sempre.

Possiamo comunque ipotizzare alcuni fattori di imprevedibilità:

- Le intelligenze artificiali potrebbero divenire soggetti attivi nelle società del futuro con conseguenze appunto non prevedibili

- Lo sviluppo delle nazioni asiatiche, africane e sudamericane potrebbero portare alla luce e imporre nuovi modelli di convivenza comunitaria

- L’avvio della colonizzazione di pianeti extra terresti potrebbe cambiare le prospettive di tutte le comunità umane

- Eventi estremi naturali potrebbero portare l’umanità sulla soglia del pericolo di estinzione e forzare un ripensamento del senso di comunità umana nel suo complesso

Insomma, per dirla come F. Herbert in Dune, avremo sempre il nostro “Golden path”.





“Thomas Malthus” - https://www.britannica.com/money/Thomas-Malthus

“Karl Marx” - https://www.britannica.com/biography/Karl-Marx

“Bullshit Jobs” - https://en.wikipedia.org/wiki/Bullshit_Jobs







La storia, gli scritti e la Rivoluzione Francese

Dettagli
Scritto da Massimo
Categoria: Storia, arte, lettere e cultura
Pubblicato: 23 Maggio 2025
Visite: 3

Tra le tante cose che hanno catturato la mia attenzione c’è la Rivoluzione Francese. Si tratta di un fenomeno storico che ha avuto ricadute straordinarie su tutto il vecchio continente e oltre, e che ha prodotto figure d’impatto come Maximilien de Robespierre e Napoleone Bonaparte.

Ho letto durante gli anni del liceo il libro “La Rivoluzione francese” di Albert Soboul, Professore di Storia della Rivoluzione Francese alla Sorbona. Il racconto di quel decennio dal 1789 al 1799 mi ha affascinato per la ricchezza di avvenimenti, le caratteristiche di alcune delle figure principali, la convivenza tra altissimi ideali e infimi eccessi di violenza e brutalità, la ricchezza di idee e fermenti politici, la passione della comunità parigina, che risulta un soggetto primario nelle vicende.

Gli stessi avvenimenti narrati da un diverso storico, Jonathan Israel, professore di Storia Moderna Europea presso la “School of Historical Studies” del “Institute for Advanced Study” di Princeton, nel libro “La Rivoluzione francese – Una storia intellettuale dai Diritti dell’uomo a Robespierre”, assumono un aspetto completamente diverso, e così anche le figure principali, concentrando l’attenzione sui temi forti dell’illuminismo e sulla loro evoluzione o distorsione nel corso della rivoluzione.

Può essere interessante leggere anche cosa pensasse dell’argomento un illustre contemporaneo, Alessandro Manzoni, proprio perché contemporaneo alle vicende e dotato di cultura e capacità intellettuali indubitabili.

L’ode di A. Manzoni, ‘il 5 maggio’ su Napoleone costituisce un quadro insieme umano, artistico e storico di uno dei personaggi più importanti della sua epoca. Anche per questo ho letto volentieri la sua impressione sulla Rivoluzione Francese, “La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859”. Il suo punto di vista è completamente diverso da quello maturato sia dai cultori dell’illuminismo che dai seguaci delle teorie marxiste, che dagli storici più moderni, e mi ha portato a riflettere sulla natura della storia, così come è narrata nei manuali di scuola, o vissuta e raccontata da persone dell’epoca, o analizzata e ricostruita da specialisti sulla base dei documenti disponibili ma anche di una loro comprensione delle vicende umane.

Ogni schema e modello adottato ha una sua logica e una sua coerenza e rappresenta efficacemente alcuni aspetti di quel fenomeno storico. Robespierre era un eroe dagli ideali elevati o un manipolatore che distorse la ricca eredità dei pensatori illuministi, o era entrambe le cose, o nessuna delle due? Napoleone era sicuramente un grandissimo stratega, almeno questo ci dicono le sue imprese, ma era un titano di cui neppure la terra sa “quando una simile orma di piè mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà”, o era un uomo che incarnava lo spirito del tempo e che sfruttò situazioni favorevoli con ingegno e abilità, o era un uomo fortunato? ‘Ai posteri l’ardua sentenza’.

Di fatto quello che ci resta concretamente è una sorta di puzzle da costruire con pezzi tagliati secondo diverse prospettive e racconti che usano mezzi espressivi diversi (per esempio l’arte letteraria di Manzoni o la saggistica degli storici citati).

In ogni caso i libri e gli scritti sono una traccia che l’uomo ha imparato a lasciare come eredità alle generazioni future oltre che come fonte di diletto e/o informazione. Manzoni scrive un ode che ‘forse non morrà’, e sfrutta la sua abilità specifica per farlo, la sua conoscenza delle lettere, e noi, grazie a questo, possiamo oggi vedere quello che fu, con il suo punto di vista, oltre che giovarci di una bella opera.

Il “5 maggio” fu scritta di getto, in tre giorni, e da ciò si può ben immaginare come l’evento della morte di Napoleone abbia scosso fortemente lo scrittore.

Nel testo dell’ode lo scrittore si immagina il grande condottiero confinato nell’isola di Sant’Elena, mentre più volte prova a mettere mano a un resoconto delle sue esperienze, e più volte rinuncia.

In realtà uno scritto biografico è giunto a noi dai suoi tempi, “Vita di Napoleone: Il manoscritto di Sant’Elena, 1817”. Si tratta di una falsa autobiografia, che Napoleone comunque avrebbe letto e in parte apprezzato. Si sospetta fosse stata scritta da Madame de Staël, figlia del ministro Necker del governo di re Luigi XVI, esiliata da Napoleone per le critiche al suo dispotismo.

Esiste anche “Il Memoriale di Sant’Elena”, scritto (e rivisto e corretto più volte) da Emmanuel, conte di Las Cases, che riporta gli scambi avuti dall’autore con Napoleone durante l’esilio a Sant’Elena. L’evidente scopo economico e politico dell’opera fa sospettare però che molte opinioni attribuite all’imperatore Napoleone, fossero in realtà pensieri dell’autore del memoriale.

“Las Cases” - https://www.treccani.it/enciclopedia/las-cases-emmanuel-augustin-dieudonne-conte-di/

“Madame de Staël” - https://www.treccani.it/enciclopedia/anne-louise-germaine-necker-baronessa-di-stael-holstein/

“Il cinque maggio” - https://www.treccani.it/magazine/strumenti/una_poesia_al_giorno/07_12_Manzoni_Alessandro.html

“Soboul” - https://www.treccani.it/enciclopedia/albert-soboul_(Enciclopedia-Italiana)/

“Israel Jonathan” - https://press.princeton.edu/our-authors/israel-jonathan?srsltid=AfmBOoqJ5xggb_JAyZL4fFiNWX6xlCMmMoVNIeMEjD6by04AS3rY998Y

 

 

 

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